N°17

 ELEKTRA ASSASSIN

 

Contea di Westchester, Stato di New York.

 

Questo vecchio cottage, in apparenza tranquillo e accogliente, è stato teatro di uno di momenti più bui e dolorosi nella vita di Clint Barton. Uno scienziato pazzo che si faceva chiamare Dottor Demonicus lo aveva scelto come luogo dell’atto finale del suo folle piano di vendetta contro l’arciere. Qui Clint scoprì che gli ultimi mesi della sua vita erano stati costellati di orrende bugie, da quando aveva incontrato una donna identica alla sua defunta moglie di nome Belinda Haley [nei n. 3 /4 ].

La donna era in realtà complice del dottore; si conquistò la sua fiducia e il suo amore per poi spezzargli il cuore nel più atroce dei tradimenti. Era passato più di un anno da quando qualcuno aveva varcato quella soglia. Un posto deserto e sconosciuto. Il posto ideale dove nascondersi. Per questo Occhio di Falco decise di portarci la fuggiasca Maya Lopez; era un luogo sicuro dove nascondersi in attesa di decidere il da farsi.

<Ecco, qui starai al sicuro; gli uomini che ti danno la caccia non ti troveranno mai.>

<Carino. E’ tuo?>

<Oh no... non proprio. Ma sono in pochi a conoscere questo posto. Era il nascondiglio di un supercriminale, ma adesso è stata messo sotto sequestro dai Vendicatori. Puoi stare tranquilla.>

<Clint, ti ringrazio per quanto stai facendo per me. Non so proprio come avrei fatto, senza il tuo aiuto.>

<Ne abbiamo già parlato. Anche tu mi hai aiutato, l’altra volta. Ti sto solo restituendo il favore. E’ così che si fa tra amici...>

“Amici”. Disse quella parola come se fosse la più naturale del mondo. Eppure, avevano iniziato in modo non proprio amichevole.  Clint era intenzionato a catturarla in quanto affiliata di Taskmaster, e Maya s’era battuta con lui per sfuggirgli. Ma dopo un confronto chiarificatore, che risvegliò la coscienza della ragazza, i due divennero alleati nella lotta contro l’accademia di criminali del suo ex capo. Ma non aveva mai pensato che Clint potesse definirla una sua amica.

<Ok, c’è legna per il camino in abbondanza. Accendi lo scaldabagno, fatti una doccia, mettiti comoda, insomma fa come se fossi a casa tua. Puoi andare dove ti pare, ma non aprire la botola sotto il tappeto. Porta ad un laboratorio ed è off limits per chiunque non sia un Vendicatore.>

<Sta tranquillo, non ci metterò piede. Tu dove andrai?>

<A fare un po’ di provviste e a prenderti qualche vestito. Non so quanto tempo dovrai stare qui, ma è meglio organizzarci. Non ci metterò molto. Comunque, anche se sono sicuro che non ne avrai bisogno, ti lascio questi per la tua protezione. Son certo che sai come usarli...>

Le allungò una scatola, che al suo interno conteneva i manganelli d’acciaio di Mimo. Maya avvertì per un momento un profondo senso di vergogna; aveva insegnato ad usare quelle armi a delle ragazze che vennero poi geneticamente modificate per assomigliare a Mimo per poi venire uccise in crudeli snuff movie. Nessuno dei due però disse una parola al riguardo. Barton uscì dalla porta e Maya cercò di mettersi a suo agio.

 

Phoenix, Arizona. Casinò Royal Flash. Alcuni giorni fa.

 

Era insolito per lei venire contatta direttamente dal committente; solitamente, gli uomini che volevano i suoi servigi mandavano qualche emissario a trattare con lei. Ma stavolta non era così. No, perché Jason Greybear dice che voleva dare “un tocco personale” alla negoziazione.

Elektra venne accompagnata nel suo attico, posto in cima al Casinò, e si trovò al cospetto di questo imponente nativo americano. Aveva ragione chi lo aveva paragonato a Wilson Fisk ... avevano entrambi un atteggiamento e delle movenze simili: si muovevano lentamente, scrutavano silenziosamente e parlavano con voce ferma, pacata, e molto profonda.

<Benvenuta, miss Natchios. Ha fatto buon viaggio?>

Elektra abbozzò un sorriso; questi uomini trattavano in morte e in tutti i traffici più illeciti che esistevano ma ci tenevano tremendamente ad avere atteggiamenti da educati gentiluomini dell’alta società.

<L’ho invitata qui perché voglio ingaggiarla. Ho scelto proprio lei perché la persona che voglio che venga eliminata è anch’essa una donna. > fece segno ad un suo collaboratore e questi allungò ad Elektra una fascicolo con tanto di fotografia.

<Si chiama Maya Lopez, 29 anni. L’avviso fin da subito che non si tratta dei soliti lavori di cui probabilmente di solito si occupa. E’ una donna dalle abilità combattive straordinarie. Molti uomini sono finiti male perché l’anno sottovalutata. Lei è la prova vivente che il sesso non è una discriminante in questo campo, e che una donna può essere letale quanto e più di un uomo.>

<Maya Lopez ... mai sentita nominare. Chi è?>

<Ha lavorato per conto di Taskmaster. Si occupava di addestrare reclute per conto suo. Di recente però pare che abbia venduto il suo ex capo alle autorità.>

<Ehi, sta scherzando? Qui c’è scritto che è sorda.>

<Si ma ha dei poteri sensoriali molto particolari in grado di compensare questo handicap. Sono certo che una donna della sua esperienza e con le sue capacità non farà fatica a credermi. Come le ho detto, è una donna molto pericolosa. C’è addirittura qualcuno che sostiene che sia perfino più in gamba di lei.>

Elektra alzò lo sguardo dalla foto e lo puntò su di lui. Era una voluta provocazione, la sua. Probabilmente, volta a stimolarla affinchè accettasse l’incarico. E in un certo senso, aveva colto nel segno: perché desiderava la testa di quella donna, tanto da averla fatta arrivare fin lì e utilizzare questi mezzucci per farsi si che lei acconsentisse ad eliminarla? Ne aveva certo stimolato la curiosità.

<Perché ce l’ha tanto con lei, mister Greybear? Se vuole che accetti, mi deve dire il motivo per cui ne richiede l’eliminazione.>

<Qualche tempo fa, per motivi a me ignoti, miss Lopez ha tentato di assassinarmi. Fu solo per un fortuito caso che mi salvai. Taskmaster però interagì per lei, chiedendomi di graziarla, in cambio mi avrebbe fornito manodopera a basso costo. Ma come le ho già detto, di recente lei lo ha venduto ai federali, e ho motivo di credere che voglia tornare a finire quello che non è riuscita a fare l’altra volta.>

<Capisco. Quanto è disposto a offrire?> chiese lei.

<Ecco quanto sono disposto ad offrirle> disse allungandole un biglietto dove c’era scritta una cifra a sei zeri <Un compenso goloso, come può constatare. La metà subito e l’altra metà a lavoro ultimato ... sempre che lei accetti di misurarsi con questa donna.>

<La faccia finita, Greybear. Non è necessario continuare con questi trucchetti da bambini. Vuoi la testa di questa squaw? L’avrà. >

<Sono lieto che abbia accettato, miss Natchios. Ma quando si troverà di fronte la Lopez vedrà che i miei non sono affatto trucchetti o provocazioni, ma che si batterà con una degna avversaria. Non la sottovaluti.>

Elektra rimase indifferente all’avvertimento.

 

Sede principale della Duke & Duke, New York.

 

“Per vuoi fare successo negli affari, devi mettere da parti gli amici e gli affetti”, sostiene qualcuno. Di certo, la famiglia Duke ha creduto fermamente in questo motto. Per fortuna, nonostante questo cinico dogma che si erano prefissi, Mortimer e Randolph Duke hanno sempre avuto il sostegno l’uno dell’altro, grazie allo speciale legame che lega i fratelli gemelli. Inseparabili, fin dalle giovinezza. Ossessionati dalla ricchezza, nessuno dei due si era mai costruito una famiglia. Niente moglie, nessun figlio. Ad entrambi bastava la compagnia reciproca, tanto da continuare a vivere entrambi nell’enorme villa di famiglia, come da ragazzi. Solo la morte poteva dividerli. E la bieca mietitrice un triste mercoledì di due anni fa aveva effettivamente colpito, portandosi via Randolph in un incidente di elicottero, lasciando Mortimer ad una vita di solitudine.

 I migliori scotch della Scozia e i migliori sigari cubani non avevano più lo stesso sapore, da quando era stato costretto a goderseli senza il fratello.  La sua saluta andava peggiorando di giorno in giorno. La depressione se lo stava portando via, ma era ancora un metodo troppo lento. A Mortimer, il coraggio di farla finita era sempre mancato. Fino a oggi.

<Io ... non posso credere di stare per farlo.> disse allungando le mani per prendere il vecchio Winchester da sopra il camino del salone principale.

<Andiamo. Era il fucile di nostro padre. Appartiene alla nostra famiglia da generazioni. E’ la cosa migliore da usare.>

<Si lo so ma... sei sicuro che se lo faccio ... ti raggiungerò?>

<Mortie... ti ho mai mentito? Sono tuo fratello, devi fidarti di me. Non sentirai dolore, sarà un attimo. E staremo insieme per l’eternità. Oppure vuoi continuare a vagare per questa casa da solo? Non ci sarà nessuno che si prenderà cura ti te. Sei l’ultima della nostra famiglia. La nostra stirpe finisce con te. Devi farlo.>

<S-Si ... si, d’accordo. Lo faccio Randy.>

Lo sparo riecheggiò nell’enorme salone. Il fedele maggiordomo Coleman e la governante Bridget si precipitarono verso il salone, troppo tardi per soccorrere il loro padrone, il cui corpo senza testa penzolava come una bambola rotta dalla poltrone mentre una grossa macchia rossa sulla parete era l’unica cosa che rimaneva della sua testa.

 

Westchester. Il cottage.

 

Clint faceva fatica a ricordarsi che Maya era sorda. D’altronde, chiunque avesse avuto modo di parlare con lei, faceva fatica a credere che la ragazza lo fosse addirittura fin dalla nascita. Ma il suo particolare talento, che alcuni hanno denominato “riflesso fotografico”, le permetteva di ripetere alla perfezione qualunque movimento vedesse; leggendo il movimento delle labbra e della gola di chi le stava vicino riuscì dunque ad imparare a parlare perfettamente. Certo, era rimasto il problema del non percepire i suoni. Abituata a vivere da sola, ed essendo perseguitata da sicari, aveva comprensibilmente i nervi tesi, e per questo motivo, non appena vide un’ombra muoversi nel soggiorno, scattò e cercò di colpirlo con uno dei manganelli d’acciaio: solo i riflessi fulminei di Barton gli impedirono di venire colpito.

<Ehi! Buona, sono io...>

<Scusa. Mi hai spaventata...>

<Te l’avevo detto che sarei tornato, no? E sta tranquilla, mi sono assicurato che nessuno mi seguisse …>

Maya era coperta solo da un asciugamano, e aveva ancora i capelli bagnati.

<Uh vedo che ti sei rinfrescata. Sono passato a prenderti qualcosa da metterti addosso ...>

Le allungò una borsa piena di vestiti e biancheria. Maya vi guardò dentro. Gli indumenti avevano ancora le etichette attaccate.

<Mi hai comprato davvero tutta questa roba? Avrai speso una fortuna ...>

<I soldi non sono un problema: stipendio da Vendicatore. E poi, non avevo scelta. Volevo farmi prestare qualcosa dalla mia vicina ma ho notato che non avete la stessa taglia. Ho dovuto improvvisare.>

<Questi invece sono proprio della mia. Hai tirato ad indovinare?>

<Non mi chiamano Occhio di Falco mica per niente, mia cara ...> disse con un sorriso sornione.

<Vado a cambiarmi ... > disse lei, leggermente imbarazzata.

<Buona idea. Io preparo qualcosa da mangiare. Non è che sei vegetariana o roba simile, non è vero? Avrei dovuto chiedertelo prima, probabilmente...>

<No, va bene qualsiasi cosa tu voglia preparare.>

<Bene. Ti preparerò una bistecca favolosa. Roba che non trovi neppure da Spark’s.>

<Ci conto...> disse lei, dirigendosi verso la sua camera.

Clint fece un piccolo fischio d’ammirazione. Maya era una donna incredibilmente attraente. Ma doveva concentrarsi. Doveva trovare una soluzione al suo problema. Non potevano nascondersi per sempre, bisognava trovare delle contromisure. Ma come si suol dire, “si ragiona meglio a stomaco pieno”, e allora si mise ai fornelli.

 

***

La cena era stata deliziosa. Forse Clint non era un gran chef, ma ai fornelli se la cavava, e cucinare la carne era una delle cose che gli veniva meglio.

<Allora, com’è?>

<Molto buona, davvero. Noto con piacere che la tua non era solo una spacconata.>

<E chi dice che io sia uno spaccone?  Comunque devi ringraziare Jarvis, il maggiordomo dei Vendicatori. E’ lui che mi ha dato la ricetta per prepararla così.>

<Arciere provetto e bravo cuoco. Un uomo dai molti talenti ...> disse lei, compiaciuta.

<Sono anche un eccellente pilota. Ma non voglio vantarmi ...>

<Si, lo vedo> rispose lei sorridendogli.

<Mi trovi un tetto, mi compri i vestiti, mi prepari anche la cena ... cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?>

<In che senso?>

< Non ... credo di meritarmelo.>

<Perché sei così severa con te stessa? Mi hai aiutato con Taskmaster e Hood, l’anno scorso ... senza contare che senza di te non sarai mai riuscito a liberare Jessica e Kate. Ti sto solo ... >

<Restituendo un favore, me l’hai detto. Ma non è vero. La cattura di Taskmaster era una cosa che premeva più a me che a te... senza contare che aveva rapito Kate, che è pure una mia amica, per cui non ti ho fatto un favore. Ho solo fatto i miei interessi.>

<E quella volta al macello? Quando ti sei vestita da Madame Masque e mi hai salvato da un linciaggio?>

<Te lo dissi quella volta... tu mi hai aperto gli occhi, mi hai mostrato che quello che facevo era sbagliato. Ero io doverti un favore. Senza contare che ...>

<Cosa?>

La ragazza cambiò espressione <Niente ... lascia stare.>

<No dai, finisci Che cosa stavi per dire?>

Maya fece un respiro, e vuoto il sacco, tutto d’un colpo.

<Che mi sentivo in colpa. Quando ho saputo che quella donna di cui insegnavo le tecniche di combattimento ... Mimo ... era tua moglie, ho capito che cosa quella faccenda [num 3 e 4] ha provocato in te. E il mio contributo al qual piano crudele, sebbene involontario, è stato determinante. Ancora non riesco a perdonarmelo. E anche prima, quando mi hai dato quei manganelli... erano i suoi, vero?>

<Si.>

<Mi sono sentita uno schifo. Per questo motivo quello che fai per me mi mette a disagio. Tu sei così buono, mentre io a te ho fatto solo male e....>

<Sssssh, basta. Non dire altro. Non è così come pensi tu. Si lo ammetto, quando vidi quelle ragazze che assomigliavano a Bobbi, che si muovevano come lei, venire ammazzate come cani ho provato una grande rabbia. Ma poi ti ho conosciuto Maya ... ti ho seguita per alcuni giorni, mentre indagavo su quella faccenda, e ti ho osservata ... sei una donna altruista e premurosa. Kate non fa altro che parlare bene di te. Hai fatto degli errori, in passato, è vero, ma stai lottando per uscirne. Anche io ne ho fatti tanti, in vita mia... saprai anche tu, no, che all’inizio ero ricercato dalla polizia e mi sono battuto con Iron Man? Eppure oggi sono un Vendicatore... uno di quelli che vantano un maggior numero di presenze, per di più. Per cui smettila di colpevolizzarti.  Non è mai troppo tardi per cambiare vita.> le disse fissandola negli occhi. Allungò una mano e le fece una carezza.

<Non ti preoccupare, ne uscirai. Io ti aiuterò. E potrai riprendere con la tua vita.>

C’era elettricità fra i due, ed entrambi la percepivano. Accadde tutto in un istante: le loro teste si avvicinarono, i loro occhi si chiusero e le loro labbra si avvicinarono, e finalmente poterono sfogare tutta l’attrazione reciproca che già da un po’ cercavano di reprimere.

 

*** 

 

<Le cose sono andate come avevi pianificato?> gli chiese lei, con la testa appoggiata sul suo petto.

<Evento totalmente imprevisto, giuro.> rispose lui <Ma decisamente gradito.>

<Non stai con la ragazza del tuo pianerottolo?>

<Jessica? No, lei è solo un amica. Non ho una relazione al momento ... credo.>

<Che vuoi dire con “credo”?>

<Beh mi sono visto un paio di volte con un agente federale, ma nessuno dei due l’ha mai presa come una cosa seria. E’ complicato, insomma... e tu, invece?>

<Cosa?>

<Non stavi con quel ragazzo italiano... quello che s’era vestito da Ala Nera quella volta al mattatoio...>

<Mike. Beh è ... complicato anche per noi. Noi siamo amici di vecchia data. C’è stato un momento in cui ci siamo ... avvicinati, ma non abbiamo mai parlato di “stare insieme”. Non io, almeno.>

<Siamo due tipi complessi, non c’è che dire ...>

<Beh se non lo fossimo, non saremmo qui no?>disse lei, sollevando la testa e sorridendogli.

Clint ricambiò il sorriso e riprese a baciarla.

 

Era quasi l’alba quando Maya si alzò per andare a fare jogging. Un po’ per abitudine, e un po’ per riflettere su quanto fosse accaduto la notte scorsa. Era stato bello per entrambi, senza dubbio. Ma a cosa avrebbe portato?  Quella “romantica fuga” non poteva durare in eterno. Clint era un Vendicatore, aveva delle responsabilità enormi, non poteva farle da gorilla in eterno. E cos’aveva significato per lui, quella notte? Era stata solo “una botta e via” o c’era qualcosa di più? Forse non doveva farsi illusioni. I supereroi sono come star del cinema o della musica ... una può anche andare a letto con Di Caprio o Robbie Williams, ma poi non si deve aspettare che questi richiamino no? Certo era stato enormemente gentile, ma non doveva aspettarsi di più, da lui. Oppure si? Questi dubbi la stavano tormentando. Doveva liberarsene. Si fermò per riprendere fiato. Si sedette nella posizione del loto e cominciò ad inspirare ed espirare. Lo yoga sgombera la mente e rilassa il corpo. Maya si concentrò, isolandosi dal resto del mondo. Non che le venisse difficile ... semplicemente chiudendo gli occhi lei entrava in un mondo di quiete e silenzio a causa del suo udito.

Non che anche con le orecchie perfettamente funzionanti percepire la presenza di Elektra fosse facile. Quando la bella greca non voleva farsi sentire, nessuno poteva avvertirne la presenza. Se ne stava appollaiata su di un albero a fissarla. Come avesse fatto a scovarla era un segreto noto solo a lei. Alcune tecniche dei ninja per individuare i nemici erano quasi sovrannaturali, mistiche, legate alla magia nera. Incomprensibili per i comuni essere umani. Sarebbe stato un gioco da ragazzi per Elektra eliminarla in quel momento. La preda le dava le spalle, e non poteva sentirla arrivare. Troppo facile.

E comunque non era nel suo stile.

Mentre pensava al da farsi, sentì un brivido dietro la nuca. Si girò su se stessa e afferrò la freccia a mezz’aria a pochi centimetri dalla sua faccia. Era viola, e al posto della punta aveva un cilindro in plastica rigida, che l’avrebbe stordita se l’avesse colpita, ma senza ucciderla. Capì immediatamente chi era stato a scoccarla.

Occhio di Falco era rimasto stupito nel vederla afferrare la freccia al volo. Come poteva essere tanto veloce? Finse indifferenza e le disse:

<Quella era solo un avvertimento. Allontanati da qui e nessuno si farà male.>

<Vattene Vendicatore. Non è la tua battaglia.>

<Decido quali siano le mie battaglie o meno, chiaro? So perché sei qui. Non ti permetterò di farle del male.> disse deciso <Se vuoi quella donna dovrai passare sul mio cadavere.>

<E sia ...> rispose la donna scendendo dall’albero su cui s’era nascosta con un balzo felino.

Falco scoccò altre tre frecce nel tentativo di neutralizzarla, ma la donna le evitò muovendosi con una rapidità fulminea. Accorciò la distanza tra se e il suo assalitore; sapeva che non avrebbe potuto evitarlo per sempre e che avvicinandosi a lui non gli avrebbe dato il tempo di incoccare.

Ma la mira eccezionale non era la sola abilità che Occhio di Falco poteva vantare. Sopratutto nell’ultimo anno aveva affinato di molto le sue capacità nel corpo a corpo, in particolare nei duelli con le donne, grazie ad allenamenti specifici che faceva in coppia con la sua ex amante, la Vedova Nera, ogni volta che questa era in città. Non si fece trovare impreparato quindi e parò il calcio con il quale Elektra cercò di colpirlo. Rispose cercando di colpirla con il suo arco, usato a mo’ di mazza, ma la greca lo evitò facilmente, abbassandosi. La lama scintillante del suo pugnale Sai disegnò un arco dal basso verso l’alto cercando la testa dell’arciere mascherato, ma stavolta fu lui a muoversi più rapidamente, impedendogli di colpirlo.

Elektra puntò allora alla destra, Falco bloccò nuovamente il colpo ma poi, girando rapidamente su se stessa, la ninja gli colpì lo zigomo con una forte gomitata, seguita da un calcio al petto che fece fare a Clint un volo di parecchi metri.

Il primo sangue era suo. Elektra saltò con l’intenzione di colpirlo dall’alto per chiudere l’incontro, ma il Vendicatore con una capriola la scansò. Si rimise in piedi in un istante, pronto a combattere. Fu lui a sferrare l’attacco successivo, una sequenza di pugni e calci che però la donna in rosso riuscì a contenere.

Stavolta fu lui ad andarle vicino, le afferrò i capelli tirandoglieli con forza, e non appena lei tirò la testa all’indietro la colpì con un gancio al mento, seguito da uno al corpo. Anziché prolungare il suo attacco però, Falco fece un balzo all’indietro, rinunciando al suo vantaggio per recuperare il suo arco.

<Va bene bella, ora basta giocare ...> afferrò due frecce dalla faretra e tese la corda del suo arco. Una delle due era puntata alla donna, un’altra ad un albero vicino. La prima era una freccia al magnesio: esplose in un lampo bianco davanti agli occhi di Elektra, accecandola, mentre la seconda si conficcò nel legno ed emise un acuto grido sonico. Elektra fu per alcuni istanti cieca e sorda, e Falco, protetto dai suoi filtri acustici, ne approfittò per portare il suo attacco:

<Non pensare che sia una bella donna, ma colpiscila come faresti con qualunque altro avversario!>

La colpì duramente al viso e all’addome, ripetutamente, finchè la ragazza non cadde ai suoi piedi, esanime. 

Prese fiato per qualche secondo, osservandola.

< Ma come diavolo fa una donna così bella ad essere tanto forte e pericolosa?> si chiese. Le si avvicinò per legarle i polsi ma non appena la mise in posizione seduta lei gli sferrò una testata in mezzo agli occhi, poi piegandosi all’indietro lo colpì allo stomaco con un calcio a piedi giunti che lasciò l’arciere senza fiato. In pochi secondi l’esito dello scontro s’era invertito. Elektra fu sopra di lui e con un pugno tanto forte quanto lesto, lo mise definitivamente KO.

<Molto furbo, Occhio di Falco. Sei un guerriero molto abile. Ma sei anche piuttosto ingenuo. Non dovevi esitare ... chi esita... è perduto. >

Andò a recuperare i suoi pugnali quando sentì una voce alle sue spalle che le diceva:

<Allontanati da lui!>

Era ovviamente Maya a parlare: era andata in casa a recuperare i manganelli d’acciaio per prepararsi alla battaglia che l’aspettava.

<Credevate veramente che non mi sarei accorta di voi? Sono sorda, mica stupida!>

<Maya Lopez, m’hanno incaricato di ucciderti ....>

<So chi sei e so perché sei qui. So chi ti manda. Ma lui lascialo stare. Non c'entra nulla con tutta questa dannata storia! Non ti permetterò di fargli del male!>

<Già è la stessa cosa che mi ha detto lui, e guardalo dov’è adesso. Comunque, non è lui che m’interessa. Te l’ho detto sono qui per te.>

<Sono pronta ...> le rispose lei.

 

Cominciò un secondo duello.  Le lame di Elektra incrociarono i manganelli di Maya, ed ogni volta che cozzavano tra loro provocavano scintille. Maya provò a colpirla alle gambe per farle perdere l’equilibrio, ma Elektra evitò il calcio con un salto. I suoi affondi venivano elusi con grande maestria. Doveva riconoscere però che la Lopez era davvero abile come gli aveva detto Greybear. Certo, il combattimento con Occhio di Falco l’aveva provata, ma la sua resistenza era straordinaria e aveva sopportato di peggio, combattendo in condizioni decisamente più sfavorevoli. La realtà era che quella donna disperata e spaventata era una combattente eccezionale. Maya sapeva che non poteva stare solo sulla difensiva e doveva cercare di attaccarla... ma quella che aveva davanti era Elektra Natchios, una leggenda nel mondo della mala. Nessuno era sopravvissuto ad un suo attacco. Se voleva sopravvivere, doveva dare tutta se stessa, come mai aveva fatto in vita sua. Entrambe le pretendenti erano agili, aggraziate. I loro movimenti sinuosi quanto letali.

Se non fosse stato un combattimento all’ultimo sangue, c’era quasi da applaudire per la bellezza della loro coreografia. Peccato che quella non fosse un’esibizione, ma una lotta per la sopravvivenza.

Si scambiavano colpi terribili. Maya portava i segni della lotta sulle sue braccia: i numerosi tagli che i Sai di Elektra le avevano provocato sanguinavano abbondantemente, ma anche lei aveva portato a segno alcuni colpi alla sua avversaria.

<Riconosco lo stile di quel calcio> disse la letale ninja togliendosi il sangue dalla bocca <Shen Kuei. Ora capisco perché sei tanto brava ...>

 Le due donne tenevano gli occhi fissi luna sull’altra. Una sola distrazione avrebbe significato perdere lo scontro e, nel caso di Maya, anche la vita. Elektra però, da spietata sicaria qual’era, puntò alla spalla ferita: Maya d’istinto protesse quel suo punto debole, bloccando la lama tra i suoi due bastoni, ma così facendo lasciò un angolo del tronco scoperto e la sua avversaria ne approfittò colpendola con una ginocchiata al costato. La bella Cheyenne si piegò per il dolore e la ninja la stese definitivamente con un secondo calcio.

Maya cadde a terra; cercò di rimpossessarsi dell’arma che aveva perso ma Elektra le pestò il polso, impedendole di raggiungerla.

<E’ finita. Hai perso.> disse con voce glaciale la greca, puntandole la sua lama. Maya ne fissava la punta scintillante... Ma Elektra non si decideva a inferirle il colpo di grazia.

<Beh, che aspetti a farlo? Se pensi che mi metterò a pregarti ...>

<No, so che non lo farai. Sei una valida guerriera, proprio come il tuo maestro e il tuo compagno laggiù. Ma voglio farti una domanda, prima. Hai combattuto per la tua vita, ma neppure in un istante ho visto in te il desiderio di uccidere. E anche adesso che guardo nei tuoi occhi ... non hai lo sguardo di un assassina. Per cui dimmi... com’è possibile che una come te abbia cercato di ammazzare Greybear? La cosa non mi quadra.>

<Io ... lui... ero convinta ... mi avevano convinta ... che fosse l’assassino di mio padre. Volevo vendetta, ma non ci sono riuscita. Era furiosa, accecata dalla rabbia, ma esitai e non riuscii nel mio intento.>

<Forse non avresti dovuto farlo. Ora non saresti in questa situazione...>

<Ma non mi avrebbe ridato mio padre. Ed era solo quello che contava per me.>

Capiva perfettamente cosa intendesse dire. Anche Elektra aveva perso suo padre per colpa di un sicario. E la cosa la turbò tanto da farle abbracciare il suo lato oscuro e farla cadere nelle grinfie della Mano, la setta di ninja che la rese ciò che è oggi. Maya fece un percorso simile al suo, ma non permise alla sua anima di venire corrotta dai veleni provocati dalla voglia di vendetta. Sotto molti aspetti la donna le assomigliava... una sorta di versione “pura” di se stessa. Difficile rimanerne indifferente, anche per lei. Allungò la mano e le afferrò i capelli. Maya chiuse gli occhi, certa che fosse giunta la sua ora ormai. Ma il Sai di Elektra si limitò a tagliare solo il codino. Poi si alzò portando la lunga ciocca di capelli con se, come fosse una sorta di trofeo.

<Perché?> domandò Maya.

<Non avrai più nulla da temere da Greybear, sorella. Credimi.> si limitò a risponderle la greca, mentre si allontanava per il sentiero.

Perché non aveva portato a termine il suo compito? Perché arrivata a quel punto aveva esitato? Elektra Natchios era un enigma vivente. Ma quello era forse il giorno più bello nella vita di Maya Lopez. Era sopravvissuta ad un combattimento con la più grande killer del mondo. Non c’erano parole per esprimere il sollievo che provava in quel momento. Era come se il suo cuore pesasse di meno. Si alzò in piedi e andò da Occhio di Falco, ancora privo di sensi. Gli tirò indietro la maschera e gli schiaffeggiò il viso, per farlo riprendere.

<Ma-Maya ... cosa ... come ... lei dov’è? Io ...>

<Sssssh. Non parlare. Va tutto bene. Sono viva. Siamo vivi. Ed è la sola cosa che m’importa in questo momento ...> e prese a baciarlo con passione. Clint ricambiò il bacio senza farsi altre domande.

 

Phoenix, Arizona. Casinò Royal Flash. Alcuni giorni dopo.

 

Elektra entrò nello stesso attico in cui, poco tempo prima, aveva accettato l’incarico di eliminare Maya, ma oggi il suo umore e il suo stato d’animo era diverso.

<Allora miss Natchios ... posso presumere che lei abbia eseguito il suo compito?> chiese Jason Greybear facendo segno ad una delle sue cameriere di entrare con lo champagne. Elektra scosse la testa, rifiutando la coppa. Apri la sua borsa e poggiò sulla scrivania del pellerossa la ciocca di capelli che aveva con se.

<E’ quello che rimane della Lopez, presumo...>

<Non proprio. So che la sua gente amava prendere gli scalpi hai propri nemici, e ho pensato che potesse gradire questo dono. Ma Maya Lopez non è morta.>

<Che cosa?> urlò Greybear, sorpreso.

<Non ha niente da temere da lei. Le garantisco che non sarà mai più una minaccia per lei o per i suoi affari...>

<Io le avevo dato un anticipo!> disse sbattendo il pugno sul tavolo <Che cosa ne ha fatto dei miei soldi? Se crede che le permetterò di derubarmi...>

<Stia calmo, si rimetta a sedere... e dica ai suoi uomini di togliere le mano dalle giacche, se non vogliono perderle. Ho già provveduto a restituirle l’anticipo che aveva versato sul mio conto svizzero. Le ho detto che lei non avrà più nulla da temere da Maya Lopez. Non le nuocerà mai più in nessun modo. Ovviamente, la cosa dovrà essere reciproca... nessun altro dovrà attentare alla vita di quella donna. Nessuno. Da oggi viene ripristinata la tregua tra voi. Maya Lopez è sotto la mia protezione.>

Gli occhi di Jason Greybear sembravano volessero uscirgli dagli occhi. Era furioso, ma allo stesso tempo intimorito da quella donna.

<Mi avevano detto che lei era una professionista... non avrà delle belle referenze, da parte mia …>

<Ascolti cos’ho da proporle, Greybear, prima di arrabbiarsi. Non sono una ladra. Lei mi ha pagato per commettere un omicidio, e io intendo rispettare il contratto ... le chiedo solo di cambiare bersaglio, tutto qui. La prossima volta che avrà la necessità di eliminare un suo rivale, potrà contare sui miei servigi. E per la metà del prezzo stabilito. Conosce il mio tariffario, sa quello che costo, uno sconto del 50 % è un occasione più unica che rara. Ne approfitti.>

Avrebbe voluto farla torturare fino ad implorare, ma sapeva che qualora avesse dato l’ordine di catturarla tutti i presenti in quell’ufficio sarebbero morti nel giro di pochi minuti. Greybear era orgoglioso, e vedere un suo ordine non eseguito lo infastidiva molto. Tuttavia, era anche un uomo d’affari e per quelli della sua pasta conta solo il profitto. La situazione, dopotutto, era a suo favore.

<Molto bene miss Natchios. Voglio sperare che la prossima volta che le chiederò un altro ... favore, lei sarà in grado di portarlo a termine. Non gioverebbe molto alla sua fama far sapere di aver fallito non una ma ben due volte. >

Si strinsero la mano, dopodiché Elektra abbandonò la sala voltandogli le spalle.

Quella donna aveva il cuore di ghiaccio, eppure dentro di se sentiva di aver fatto la cosa giusta e sebbene fosse una delle più letali assassine del mondo, aver per una volta salvato una vita anziché stroncarla la faceva sentire insolitamente bene.

 

 

 

 

Le Note

 

 

Non c’è molto da dire su questo episodio; sono certi che tutti conoscete Elektra, la leggendaria bad girl vestita di rosso inventata dal grande Frank Miller su Daredevil # 168 del gennaio 1981 (tecnicamente, è nata esattamente un anno dopo di me – 11 gennaio 1980 J ). Il titolo dell’episodio è tratto dalla miniserie a lei dedicata scritta dallo stesso Miller e illustrata magistralmente da Bill Sienkiewicz.

 

Anche non conoscendone la storia, dal suo nome è facilmente intuibile che la nostra bella greca fosse molto legata a suo padre, e la sua morte fu la molla che fece scattare in lei una rabbia oscura che la trasformò nella fredda e letale ninja che è oggi. Lei e Maya hanno molte cose in comune. Come avete letto, ho visto in Maya una sorta di riflesso “buono” della stessa Elektra. Era inevitabile un confronto tra di loro e spero che vi abbia soddisfatto.

 

Questo episodio vede anche il cambiamento di rapporto tra il nostro Clint e Maya. Cosa accadrà tra i due ora? Sarà l’inizio di una relazione o entrambi faranno finta che nulla sia successo?

 

Beh non vi aspetterete che ve lo riveli adesso, no? Continuate a seguirci!

 

Carmelo Mobilia